ESSERE UN ASHTANGI

Essere Ashtangi significa essere “estraneo”. L’Ashtangi però non si veste da guru, nè canta o medita per la pace nel mondo, non lascia il suo lavoro per diventare un insegnante di Yoga o per salvare le api, le balene o la terra. L’Ashtangi rimane nel suo mondo, facendo le stesse cose di prima: beve, mangia, lavora, cresce i figli. Ma più si immerge nella pratica, più risposte trova alle domande e più capisce che nulla ha un significato intrinseco. Nemmeno la sua stessa pratica. Egli non pensa a ciò che dovrebbe possedere o dovrebbe fare con la sua vita. Non accetta le convenzioni e rimane fedele al suo percorso grazie alla sua pratica quotidiana che sviluppa una consapevolezza distaccata e rafforza la mente nel tempo. L’Ashtangi capisce e accetta che sono i suoi pensieri a creare la sua realtà, ma che quella realizzazione non ha nessun significato. Praticando e respirando cinque volte in ogni Asana porta la sua attenzione al momento presente, e ne realizza l’esistenza. Mentre respira in una posizione difficile è libero di essere esattamente ciò che è. Elimina le convinzioni che lo limitano ed arriva a realizzare che non è nulla di ciò che pensa di essere. Questa è connessione con il Sé. L’Ashtangi può realizzare di essere davvero libero e trovare benessere nella sua solitudine, ma il fatto che tutto ciò che è ed ha in questo mondo è se stesso gli dona la capacità di gestire le sue relazioni nel modo migliore. Essere un Ashtangi significa avere occhi luminosi che sorridono nella vita e camminare leggeri fluttuando ad una spanna da terra, sempre ed in tutte le situazioni. L’Ashtangi non è ossessionato da ciò che ha o non ha, da ciò che realizza o non realizza; egli smette di confrontarsi con lo status, con il successo, con la fama o la celebrità degli altri, piuttosto gode della pacifica conoscenza di se stesso. E continua a praticare.