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MPY - My Personal Yoga Milano

BAKASANA - DELLO SFORZO SENZA SFORZO

  • Fabio - My Personal Yoga
  • 29 gen 2017
  • Tempo di lettura: 4 min

Durante la pratica di Ashtanga, anche se svolta insieme ad altre 20 persone, sono solito isolarmi sul mio tappetino concentrandomi sulla serie di asana e sulla mia respirazione. Qualche giorno fa, durante una lezione guidata, la mia concentrazione è stata interrotta prima dal greve suono di un respiro affannoso e poi da una serie ininterrotta di tonfi provocati da un corpo che cadeva pesantemente sul tappetino. Un allievo, nuovo a questo tipo di pratica, stava interpretando la serie nel modo errato e stava sbagliando il suo approccio alla disciplina yogica. Usava la forza. Tale episodio mi porta ad approfondire con qualche considerazione l'argomento dell'utilizzo delle energie durante la pratica dello Yoga. Il terzo ramo dello Yoga è Asana, la posizione. Letteralmente asana significa seggio ed è la base su cui poggia l'anima. Nel testo Hatha Yoga Pradipika si scrive che gli asana rendono il corpo stabile, sano e le membra leggere. Negli Yoga Sutra di Patanjali si legge che gli asana, le posizioni, sono da prendersi in modo stabile e confortevole e servono a indurre lo yogi in uno stato di insensibilità verso gli stimoli del mondo esterno. Asana è immobilità del corpo e porta ad una condizione interiore di regalità, laddove il re, il chakrawartin, è colui che sedendosi al suo centro fa girare la ruota dell'esistenza. Il centro, il perno della ruota è immobile. Ciò che gira è il cerchio e più ci si allontana spostandosi verso la circonferenza, più ci si muove velocemente. L'asana deve usare i muscoli interni, quelli posturali e non la muscolatura esterna. Solo così riusciamo a mantenerci immobili senza sforzo in un perfetto equilibrio sia fisico che interiore. Se usiamo i muscoli esterni e superficiali ci stanchiamo, fisicamente e mentalmente. Lo yogi deve controllare non solo il suo corpo, ma anche e soprattutto la sua mente, il manas che ha la tendenza ad agitarsi in tutte le direzioni (manas nella cultura indiana è paragonata ad una scimmia dispettosa). Con la pratica dello Yoga si irrobustisce il corpo ma si impara anche a teneremanas sotto controllo. "Si raggiunge lo scopo delle posizioni quando sono eliminate le reazioni fisiche del corpo e lo spirito si dissolve nell'infinito. Prima di sentire l'effetto di una posizione bisogna essersi mantenuti immobili per la durata di una veglia. Allora non si è più colpiti da tutto ciò che è a coppie, il caldo e il freddo, il piacere ed il dolore, e si dominano tutti gli elementi. Colui che ha la padronanza delle posizioni conquista i tre mondi" (Yoga Darshana). L'asana è immobilità del corpo. Ciò non significa però rimanere fermi e rigidamente contratti con il respiro bloccato e con la mente che inizia a volteggiare tra mille pensieri per sfuggire alla costrizione. Questa condizione ètamasica, rigida. Nell'immobilità dell'asana deve prevalere il sattva guna, la leggerezza, l'elasticità, l'espansione del proprio spazio interno, l'equilibrio nel centro del cerchio. I muscoli superficiali sono rilasciati e allungati, quelli profondi sono tonici, il respiro è profondo e silenzioso e la mente quieta e soddisfatta. L'asana è senza sforzo. Si utilizza consapevolmente il proprio corpo usando solo i muscoli strettamente necessari. L'energia non parte dalla superficie del corpo per essere gettata all'esterno, ma il nostro corpo acquisisce l'energia dal cosmo, se ne permea e la assorbe fino alla sua profondità. E' l'energia sottile che andrà a scorrere nelle nadi. L'asana deve essere mantenuto per lungo tempo. Se manteniamo una posizione per meno di tre minuti il corpo fatica ad accorgersene. Il corpo ha una naturatamasica, è cioè lento e pigro ad apprendere. Ma come l'elefante, una volta acquisita una conoscenza non la dimentica più. L'asana necessità il controllo del respiro. Quando un asana è comodo il respiro trova la sua regolarità e funzionalità e di contro il respiro, approfondendosi e regolarizzandosi, ci aiuta a raggiungere la comodità nella posizione e riesce a liberarci dalla rigidità. L'asana è fondamentale per la pratica del pranayama e nello stesso tempo un asana senza la pratica del pranayama è come un corpo senza vita. L'asana richiede il controllo della mente. Tenere manas sotto controllo è condizione essenziale. La mente va riportata verso il centro e dal centro ilsadhana, il praticante, può cogliere tutto ciò che ruota intorno. Se rimane in periferia la visione delle cose è distorta. Anche nella mente deve prevalere la qualità sattvica. Nella quotidianità della vita tende a prevalere tamas: la mente è distratta e offuscata, a volte confusa o indolente; in altre occasioni non riusciamo ad arrestare i pensieri. Eseguire un asana significa risvegliare la mente e renderla lucida e pronta, quieta, con i pensieri centrati e presenti a cogliere ogni sfumatura di ciò che stiamo realizzando. Non seguire questi principi porta inevitabilmente a utilizzare la forza come alimento del proprio Ego, in contrasto con il fine dello Yoga che è l'assorbimento dello stesso e la sua unione nel sè. E l'Ego, Ahamkara, è uno dei più grandi nemici dello Yoga. E' la forza sempre latente che ci spinge a cercare di vincere, di essere migliore degli altri, non importa se in una palestra di pesistica, in campo da tennis o in un luogo dove si pratica Yoga.

 
 
 
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